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DIETA A ZONE

DIETA A ZONE

Intorno agli anni ’70, il biochimico Barry Sears iniziò un percorso di studi e di ricerca improntato sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari. Si focalizzò soprattutto sull’osservazione e sullo studio di particolari ormoni, l’insulina e il glucagone, antagonisti fra loro, i quali sono implicati direttamente nell’accumulo di grasso da parte del corpo e la cui regolazione poteva essere possibile solamente attraverso l’alimentazione.

Da qui sviluppò la teoria della dieta a zona: Esiste una distribuzione precisa dei diversi macronutrienti, basata sulla formula 40-30-30 (ossia un 40% del fabbisogno calorico giornaliero deve essere apportato dai carboidrati, un 30% dalle proteine, un 30% dai lipidi).

I punti principali da seguire secondo questo protocollo alimentare sono:

1) Eliminazione di tutti i carboidrati raffinati (sia semplici che complessi)

2) Assumere come carboidrati esclusivamente quelli presenti nella frutta e nella verdura (e a basso indice glicemico)

3) Tutti i pasti, compresi gli spuntini, devono essere composti da tutti e 3 i macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi)frutta verdura per favorire la giusta risposta ormonale

4) Tra ogni pasto devono trascorrere al massimo 5 ore, la scelta più corretta sarebbe di sostenere 5 pasti giornalieri

5) La cena deve precedere il sonno di circa due ore, non di più.

6) Il pasto più importante è dato dalla prima colazione, che deve essere abbondante e nutriente

7) Bisogna bere molta acqua

Quali sono i punti a favore?

Secondo chi ha stilato e chi ha condotto questo tipo di regime alimentare, esso aiuterebbe appunto la perdita del peso, come conseguenza dell’equilibrio ormonale

Inoltre aiuterebbe a migliorare la lucidità e la concentrazione, a dare tonicità muscolare, a migliorare il funzionamento del sistema immunitario rinforzandolo.

Vediamone ora le critiche

Non ci sarebbero evidenze scientifiche che supportino le ipotesi basilari proposte da Sears, in particolar modo che la dieta a zona possa regolare completamente la produzione di insulina e di glucagone.

Alcuni affermerebbero per altro che questa tipologia di dieta possa essere eccessivamente iperproteica andando a sovraccaricare i reni, e producendo troppi chetoni* (portando il corpo in acidosi).

Inoltre sarebbe difficile prolungare nel tempo questo protocollo alimentare per la sua difficile gestione (risulta complesso calcolare costantemente le proporzioni dei rispettivi macronutrienti).

Valutazioni generali

L’assunzione giornaliera di proteine prevista dalla dieta a zona non raggiunge livelli pari a 100 g al giorno, quantità soglia per definire uno schema iperproteico, , in più le proteine sono sempre associate ad una componente carboidrica, data da verdure e frutta.

L’eliminazione di ogni tipologia di zucchero, raffinato e non, è un elemento positivo poiché aiuta il nostro metabolismo a ritrovare il giusto equilibrio biochimico. Questo perché gli zuccheri alterano la permeabilità della mucosa gastrica e di conseguenza alterano la capacità di assimilare e digerire le giuste sostanze.

Dall’altro lato occorre specificare che non tutti hanno bisogno dei vari macronutrienti nelle stesse proporzioni. Questa è una variabile che dipende dalla condizione del nostro metabolismo, più o meno lento o veloce, oppure ancora se abbiamo necessità di specifiche carenze nutrizionali, che se trascurate comportano importanti scompensi biochimici.


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